domenica 27 luglio 2008

La Dea della vita e della morte



Non ho niente da aggiungere a questa prefazione del libro di Starhawk.
Sento profondamente mio tutto ciò che è scritto qui e mi sorprendo di leggere queste parole a questo punto del percorso che ho intrapreso. Ma quando ti incammini su un sentiero, se ne aprono tanti altri e le coincidenze, gli incontri "fortuiti", si sprecano. Vorrei che più persone possibili leggessero questo brano, che contiene in nuce tali e tante argomentazioni profonde (e da approfondire) da far girare la testa. Buona lettura.

Il sogno nel buio: magia, sessualità e politica
di Starhawk


Mentre scrivo i gatti giocano sulla mia scrivania, si puliscono, spostano le mie carte sul pavimento e poi si addormentano arrotolati, sicuri nell'ambiente a loro familiare. Le loro menti non contemplano la velocità del vento a 500 miglia all'ora o la possibilità che ciò che è loro familiare possa trasformarsi in un attimo in ossa e carni carbonizzate.

Noi non possiamo sentirci sicure come loro. Sui giornali leggiamo cosa succederebbe a una città colpita da una bomba nucleare; dei pesticidi nelle acque dei pozzi; di allerta nucleari causati da errori di computer e di bambini con la salute già danneggiata dagli additivi chimici.

Sembra che il sole stia per scomparire dal mondo di ciascuna di noi e che siamo prossime a perdere ciò che non riusciamo a rivendicare. I nostri atti di poteresembrano fragili comparati ai poteri della distruzione. Ci sono troppi nemici, troppi luoghi dove vengono sotterrati scarti chimici, troppe armi stoccate, troppe persone senza lavoro e senza speranza, troppi stupratori liberi. Troppi di coloro che detengono i grandi poteri non se ne curano. Non si sentono parte di questo mondo.

…in una zona dal perimetro di 8 miglia,sono state distrutte di case in mattoni e legno da venti a 160 miglia all'ora, molte le persone rimaste bruciate…

Anche i piccoli gesti di ogni giorno che normalmente ci danno piacere o sollievo in alcuni istanti possono sfumare nell'orrore. Ci sono delle volte che cammino per la strada, sorrido all'uomo seduto sulla sua veranda che ascolta la radio, ai bambini che mettono degli spiccioli sui binari del tram e alla donna i cui cani giocano coi miei cani .. ma in un attimo .. in un battito di ciglia .. sono spariti. Vedo un flash e poi più nulla – nulla di quelle belle case vittoriane tutte colorate, nulla più di quella gente o della terra sotto le strade. Nulla: solo ceneri e terra bruciata, un vuoto nero. So che non sono sola nel sentirmi a volte sopraffatta dalla mancanza di speranza e dalla disperazione. Sento le stesse paure negli amici, nella mia famiglia, da clienti per vengono per un incontro di counseling. La sofferenza personale di ognuno è mossa da questa grande incertezza: e non abbiamo più la fiducia di lasciare un mondo migliore – di lasciare un mondo vivo ai nostri figli. E comunque bisogna dar da mangiare ai bambini, portare in giro i cani, continuare a lavorare, e allora alziamo le barriere che ci permettono di difenderci da un pensiero insopportabile e andiamo avanti in uno stato di negazione e di intorpidimento. Il lavoro è piatto e noi attentamente evitiamo di interrogarci sui suoi significati e sulla sua utilità, anche se sentiamo che qualcosa di profondo e dolce manca nelle nostre vite, nelle nostre famiglie, nelle nostre amicizie; il senso dello scopo, del potere... se n'è andato. E comunque i bambini crescono, non meno belli di quelli di altre generazioni, e ancora quando mettiamo un seme nella terra, questo mette radici e stelo, foglie, fiori e frutti. Ci sono ancora momenti in cui vediamo che i processi della vita continuano, in cui non possiamo non credere che la vita sia mossa da un potere più forte che il potere dei fucili e delle bombe: un potere che potrebbe ancora prevalere se solo sapessimo richiamarlo.

Questo libro parla di come possiamo richiamare in vita questo potere, un potere basato su un principio molto diverso dal "potere su" e dalla dominazione. Il "potere su" è il potere dei fucili e delle bombe, il potere dell'annientamento che sostiene le istituzioni della dominazione. Il potere che percepiamo in un seme, nella crescita di un bambino, il potere che sentiamo nello scrivere, tessere, lavorare, creare, fare delle scelte, non ha nulla a che fare con le minacce dell'annientamento, ma molto con il significato originario della parola "potere", che deriva dal latino popolare podere (essere in grado di) . E' il potere-che–viene- da-dentro.Ci sono molti nomi per il potere-che-viene- da-dentro, nessuno soddisfacente. Può essere chiamato spirito – ma tale nome implica che sia separato dalla materia, e questa falsa divisione come vedremo è il fondamento delle istituzioni del dominio. Potrebbe essere chiamato Dio – ma il Dio della religione patriarcale è la fonte ultima e il depositario del "potere su". Io l'ho chiamato immanenza, un termine che è vero ma anche troppo freddo e intellettuale. E l'ho chiamato Dea, perché le antiche immagini, simboli e miti della Dea come donatrice di vita, tessitrice, signora della terra e delle piante, dei venti e degli oceani, fuoco, rete, luna e latte… tutto mi parla del suo potere di connessione, sostentamento, guarigione, creazione. La parole Dea rende inquiete molte persone che si definiscono "politiche", perché mplica religione e laicità e può erroneamente evocare il culto di un essere esterno. "Dea" rende inquiete anche persone che si definiscono "religiose" o "spirituali" , perché sa di paganesimo, di sangue, di oscurità, di sessualità e poteri bassi. E comunque il potere-che-viene- da-dentro è il potere del basso, dell'oscuro, della terra; il potere che nasce dal nostro sangue, dalle nostre vite e nel nostro desiderio appassionato per la carne viva dell'altro. E i temi politici del nostro tempo sono anche i temi dello spirito, dei conflitti tra paradigmi o tra i principi ad essi sottesi..

Se la posta in gioco è sopravvivere, la questione cruciale diventa: come rovesciamo non tanto quelli che sono adesso al potere, ma il principio del "potere su"? Come diamo forma a una società basata sul potere-da-dentro? Un cambio di paradigma, di consapevolezza, rende sempre inquiete. E' quando ci sentiamo leggermente timorose o imbarazzate da parole come Dea che siamo sicure di essere sulla traccia di un cambiamento profondo, nella struttura e nel contenuto del nostro pensiero.

Per dare nuova forma al principio di potere su cui la nostra cultura è basata, dobbiamo mettere sottosopra tutte le vecchie divisioni. Le separazioni confortevoli non funzionano più. Le questioni sono più ampie di ciò che i termini religioso o politico implicano; si tratta di vedere le connessioni complesse. Sebbene ci venga detto che questi temi sono separati, che lo stupro è separato dalla guerra nucleare, che la lotta delle donne per una paga adeguata non va insieme alla lotta di un giovane nero per trovare un lavoro o alla lotta per evitare che venga installato un reattore nucleare in un sito soggetto a terremoti in una zona vulcanica delle Filippine, in realtà tutte questi aspetti diversi sono tenuti insieme dalla consapevolezza che dà forma alle nostre relazioni di potere. Queste relazioni a loro volta danno forma ai nostri sistemi economici e sociali; alla nostra tecnologia; alla nostra scienza, alla nostra religione, alle nostre visioni di uomini e donne; alle nostre visioni di razze e culture diverse dalle nostre; alla nostra sessualità; ai nostri dèi e alle nostre guerre, che attualmente stanno dando forma alla distruzione del mondo. Io chiamo questo tipo di consapevolezza alienazione (estrangement) , perché la sua essenza è quella di non farci vedere/sentire parte del mondo. Siamo stranieri alla natura, agli altri esseri umani, a parti di noi stesse. Vediamo il mondo come formato da parti non viventi, separate, isolate, che non hanno valore in sé (non sono neppure morte – perché la morte implica la vita). Tra queste cose di per sé separate e senza vita, le uniche relazioni di potere possibili sono quelle della manipolazione e della dominazione.

L'alienazione è il culmine di un lungo processo storico. Ha le sue radici nel passaggio nell'Età del Bronzo dalle società matrifocali, culture centrate sulla terra le cui religioni erano centrate sulle Dee e gli Dèi incarnati nella natura, alle culture urbane patriarcali di conquista, i cui Dèi ispiravano e sostenevano la guerra. Yahveh del Vecchio Testamento è un primo esempio: prometteva al suo Popolo Eletto il dominio sulle piante, sulla vita animale e sulle altre genti che Lui stesso incoraggiava a invadere e conquistare. La Cristianità ha approfondito questa divisione, stabilendo la dualità tra spirito e materia, quest'ultima identificata nella carne, nella natura, nella donna, e nei commerci sessuali con il diavolo e le forze diaboliche. Dio era maschio – incontaminato dal processo della nascita, dal nutrire, dalla crescita, dalle mestruazioni e dal decadimento della carne. Era rimosso da questo mondo nel regno trascendente dello spirito .. da qualche altra parte. In tal modo la bontà e i veri valori sono stati distolti dalla natura e dal mondo.

Così scriveva Engels: "La Religione è essenzialmente lo svuotamento dell'uomo e della natura di tutti i contenuti e il trasferimento di questi contenuti al fantasma di un Dio distante, che talvolta concede la grazia e acconsente che qualcosa della sua abbondanza arrivi al genere umano e alla natura." La rimozione del contenuto e del valore è servita come base per lo sfruttamento della natura. La storica Lynn White afferma che "gli spiriti negli oggetti della natura, che prima avevano protetto la natura dall'uomo, evaporarono" sotto l'influenza della Cristianità, "e il monopolio dell'uomo sullo spirito in questo mondo fu confermato e le vecchie limitazioni allo sfruttamento della natura si sgretolarono. " I boschi e le foreste non furono più sacri. Il concetto di bosco sacro, dello spirito incarnato nella natura cominciò a essere considerato idolatria. Ma quando la natura è svuotata di spirito, le foreste e gli alberi diventano semplicemente legno, qualcosa da misurare in centimetri cubi, valutato sulla base della redditività e non per il suo esserci, la sua bellezza o anche per la sua parte in un ecosistema più ampio. La rimozione del contenuto dagli essere umani ha consentito la formazione di relazioni di potere in cui gli esseri umani possono essere sfruttati. Il valore inerente, l'umano, è riservato a certe classi, razze, al sesso maschile; quindi il loro "potere su" gli altri è legittimato. L'immaginario maschile di Dio autentica gli uomini come portatori dell'umano e legittima l'uomo a dominare. Il Dio bianco, l'identificazione del buono con la luce e del demonio con l'oscurità, identifica il bianco come il portatore di umanità e legittima la supremazia dei bianchi su quelli di colore. Anche se non crediamo più letteralmente in un Dio bianco e maschio, le istituzioni della società incarnano ancora la sua immagine nelle loro stesse strutture. Le donne e la gente di colore non sono presenti agli alti livelli delle gerarchie che gestiscono il "potere su". La nostra storia, la nostra presenza può essere cancella, ignorata, considerata insignificante. Il contenuto della cultura è la storia e l'esperienza degli uomini bianchi di classe elevata. La sofferenza di tutti coloro che sono visti come altri - i poveri, le classi operaie, le lesbiche e i gay, i disabili, quelli etichettati come malati mentali, l'arcobaleno delle razze, delle religioni e dei diversi patrimoni etnici, tutte le donne, ma specialmente quelle che non rientrano nei ruoli culturali definiti - non è solo quella della discriminazione diretta, è la pena di essere negati ancora e ancora. E' la pena di sapere che le nostre preoccupazioni non saranno considerate fino a quando noi stessi non le solleveremo e anche allora saranno viste come periferiche e non centrali, alla cultura, all'arte, alla politica.

* * *
Noi stesse dubitiamo del nostro contenuto, dubitiamo delle prove dei nostri sensi e delle lezioni della nostra esperienza. Vediamo le nostre motivazioni e i nostri desideri come inerentemente caotici e distruttivi, bisognosi di repressione e controllo, proprio come vediamo la natura come una forza selvaggia e caotica, che necessita di un ordine imposto dagli esseri umani.

Nel libro La Morte della Natura, Carolyn Merchant ricostruisce passo dopo passo il modo in cui la scienza moderna e i bisogni economici del capitalismo nei secoli XVI e XVII spostarono la "metafora normativa" del mondo da quella di "organismo vivente" a quella di "macchina senza vita". Tale spostamento di prospettiva, accompagnato e aiutato dalla persecuzione delle streghe, permise uno sfruttamento della natura su una scala mai vista prima…La metafora della "macchina", del mondo visto come di un agglomerato di parti isolate non viventi e che si muovono ciascuna per sé è cresciuta in un contesto cristiano in cui divinità e spirito erano stati già rimossi dalla materia. E la scienza moderna ha dato il colpo finale allo spirito quando ha proclamato la morte di Dio dopo che aveva risucchiato tutta la vita dal mondo. Non è rimasto più nulla, se non cadaveri da discarica e le strutture gerarchiche delle nostre istituzioni – Chiesa, esercito, governo, corporations – tutte incarnazioni del potete autoritario, tutte conformate all'immagine del Dio Patriarcale con le sue truppe subordinate di angeli, impegnati in una guerra perpetua contro il Demonio Patriarcale.
Non ci vediamo più come esseri di seppur dubbia dignità, come difettose immagini di Dio, ci immaginiamo secondo la metafora della macchina come computer difettosi con programmi imperfetti nell'infanzia. Siamo nel mondo vuoto descritto fino alla nausea dall'arte, letteratura e musica del ventesimo secolo, da Sartre ai Sex Pistols. In un mondo vuoto, ci fidiamo solo di quello che può essere misurato, contato, acquisito. Il principio organizzatore della società diventa ciò che Marcuse ha definito il principio di prestazione, la società è stratificata secondo le prestazioni economiche dei suoi membri. Il contenuto è rimosso dal lavoro, che non è organizzato secondo la sua utilità o il suo vero valore, ma secondo l'abilità di creare profitti. Coloro che effettivamente producono prodotti o offrono servizi sono meno remunerati di coloro che sono impegnati nel gestire o contare questa produzione o stimolare falsi bisogni. Ci viene detto ad esempio nelle pagine dei giornali economici che il Vice Presidente di una azienda petrolifera nega di far parte del business che fornisce combustibile ed energia agli Americani e si vanta di essere nel business del profitto per i propri investitori. La scienza e la tecnologia, basate su principi di isolamento e dominazione della natura, producono raccolti e legna usando pesticidi e erbicidi che causano difetti alla nascita, danni ai nervi e cancro quando si infiltrano nei nostri cibi e nelle forniture d'acqua. Reclamando un ordine superiore di razionalità, i tecnologi costruiscono reattori nucleari che producono scorie che rimangono dannose per un quarto di milione di anni e mettono queste scorie in contenitori che durano dai trenta ai cinquanta anni. L'alienazione permea il nostro sistema educativo, con le sue discipline separate e isolate. L'alienazione determina la nostra comprensione della mente umana e le capacità della coscienza, la nostra psicologia. Freud vedeva gli istinti umani e la libido come forze essenzialmente pericolose, caotiche e in conflitto con il "principio di realtà" dell'ego. I comportamentalisti ci assicurano che siamo solo ciò che può essere misurato – solo comportamenti e schemi di stimolo e risposta. Jung ha sostituito un Dio trascendente con un set di archetipi trascendenti, un piccolo miglioramento, ma che ancora ci lascia intrappolate in stereotipi e rigidi ruoli sessuali. La sessualità, sotto il dominio di Dio Padre è identificata con il suo Opposto - con la natura, la donna, la vita, la morte, la decadenza - tutte quelle forze che minacciano l'astrazione incontaminata di Dio e sono quindi considerate peccato. Nel mondo vuoto della macchina, quando anche le strutture delle religioni decadono, il sesso diventa un'altra arena della prestazione, un'altra merce da acquistare e vendere. L'erotico diventa pornografico; le donne sono viste come oggetti vuoti di valore ad eccezione di quello per cui possono essere usate. L'arena sessuale diventa luogo di dominio, carico di rabbia, paura e violenza. E così noi viviamo le nostre vite sentendoci senza potere e inautentiche, sentendo che le persone reali sono da qualche altra parte, che i personaggi delle telenovelas o le conversazioni nei programmi televisivi serali sono più reali che la gente e le conversazioni delle nostre vite. Crediamo che le star del cinema, le rock star, la gente sui giornali vivano la verità e il dramma del nostro tempo, mentre noi esistiamo come ombre e le nostre uniche vite, le nostre perdite, le nostre passioni che non possono venir contate o misurate, non sono approvate o classificate o vendute con uno sconto, non crediamo che siano i veri valori del mondo. L'alienazione permea la nostra società così fortemente che sembra essa stessa essersi fatta coscienza. Anche il linguaggio di altre possibilità scompare o viene deliberatamente distorto. Eppure un'altra forma di coscienza è ancora possibile. In effetti esiste, anche nell'occidente, da tempi antichi, sepolta sotto ai diversi strati di diverse culture ed è sopravvissuta fino a qui. Questa è la coscienza che io chiamo immanenza - la consapevolezza del mondo e che tutto in esso è vivo, dinamico, interdipendente e infuso di energie mobili: una creatura vivente, una danza che si intreccia. La Dea può essere vista come un simbolo, la metafora normativa dell'immanenza. Rappresenta il divino incarnato nella natura, negli esseri umani, nella carne.La Dea non è in una immagine, ma in diverse – una costellazione di forme e associazioni – terra, aria, fuoco, acqua, luna e stelle, sole fiore e seme, salice e melo, nero, rosso, bianco, Giovane Madre e Vecchia Saggia. Tra i suoi aspetti include il maschile: egli è figlio e consorte, cervo e toro, grano e mietitore, luce e oscurità. E comunque la femminilità della Dea è primariamente non denigrativa del maschio, perché rappresenta la possibilità di portare la vita nel mondo, di dare valore al mondo. La Dea, la Madre come simbolo di quel valore, ci dice che il monto stesso è il contenuto del mondo, il suo vero valore, il suo cuore, la sua anima. Storicamente, le culture centrate su Dee e Dèi incarnati nella natura, stanno alla radice di tutte le successive culture patriarcali. Le immagini della Dea sono le prime immagini di culto conosciute, a partire dai siti paleolitici. Gli inizi dell'agricoltura, della tessitura, della ceramica, della scrittura, delle costruzioni, delle fondazioni delle città – tutte le arti e le scienze sulle quali si sono poi sviluppate le "civiltà" – ebbero inizio nelle culture della Dea. Quando il patriarcato divenne la forza di dominio nella cultura occidentale, permanenze della religione e delle culture basate sull'immanenza furono preservate dai pagani (dal latino paganus, rustico o abitante delle campagne), negli usi e costumi del folclore, nelle tradizioni esoteriche e nelle congreghe delle streghe. Le culture dei Nativi Americani e delle tribù in Africa, Asia e Polinesia erano anch'esse basate su una visione del mondo immanente, che vedeva lo spirito e il potere di trasformazione personificati nel mondo naturale. Ironicamente, con l'avanzamento della scienza e della tecnologia alienate, proprio esse hanno iniziato a riportarci una consapevolezza dell'immanenza. La fisica moderna non parla più di atomi separati, divisi, di materia morta ma di onde di energia, di probabilità, di modelli che cambiano quando sono osservati; riconosce quello che Sciamani e Streghe hanno da sempre saputo: che la materia e l'energia non sono forze separate, ma forze della stessa sostanza.

L'immagine della Dea colpisce alla radici l'alienazione. Il vero valore non può essere trovato in qualche lontano paradiso, in qualche astratto mondo ultraterreno, ma nei corpi femminili e nella loro prole, maschi o femmine, nella natura e nel mondo. La natura ha un suo ordine, di cui gli esseri umani sono parte. La natura umana, i bisogni, le motivazioni e i desideri non sono impulsi pericolosi che hanno bisogno di repressione e controllo, ma sono l'espressione di un ordine inerente all'essere. L'evidenza dei nostri sensi e la nostra esperienza sono l'evidenza del divino – l'energia in movimento che unisce tutti gli esseri. Per le donne, il simbolo della Dea è profondamente liberante, restaura un senso di autorità e di potere nel corpo femminile e nei processi della vita: nascita, crescita, il far l'amore, l'invecchiamento e la morte. Nelle culture occidentali l'associazione di donne e natura è stato usata per svalutare entrambe. L'immagine della Dea immanente conferisce sia alle donne che alla natura un valore più alto. Allo stesso modo, la cultura non può più essere vista come qualcosa di lontano o opposto alla natura. La cultura è un risultato della natura – un prodotto dell'essere umano che è parte del mondo naturale. La Dea della natura è anche la musa, l'ispirazione della cultura e le donne sono a pieno titolo partecipi alla creazione e alla promozione di cultura, arte, letteratura e scienza. La Dea come madre personifica la creatività e tutti i processi della nostra vita, il nostro diritto di scegliere coscientemente come, dove e cosa vogliamo creare. L'immagine femminile della divinità in nessun modo fornisce una giustificazione dell'oppressione degli uomini. La femmina che dà la vita al maschio include il maschio in un modo in cui le divinità maschili non possono includere il femminile. La dea dà la nascita a un panteon che è inclusivo, non esclusivo. Non è un Dio geloso. E' spesso vista anche nel suo aspetto maschile – figlio o consorte. Nella stregoneria l'aspetto maschile si manifesta come il Dio con le corna, il dio della vita animale, dei sentimenti e dell'energia vitale. Manifestandosi in esseri umani e nella natura, la Dea e il Dio restituiscono il contenuto e il valore alla natura umana, alle pulsioni, ai desideri e alle emozioni. Dire che qualcosa è sacro è dire che noi rispettiamo, curiamo e diamo valore ad esso per il suo essere. Quando il mondo è visto come fatto di esseri di valore, viventi, dinamici, interconnessi, il potere non può essere "visto come qualcosa che la gente ha – i re, gli zar, i generali che tengono il potere come si tiene un coltello"! Il potere immanente, il potere-da-dentro, non è qualcosa che abbiamo ma qualcosa che possiamo fare. Noi possiamo scegliere di cooperare o di ritirarci dalla cooperazione con qualsiasi sistema. Il potere delle relazioni e delle istituzioni dell'immanenza deve sostenere e incoraggiare l'abilità degli individui di dare forma alle scelte e alle decisioni che li toccano. E quelle scelte devono riconoscere l'interconnessione degli individui in una comunità di esseri e le risorse che hanno un valore inerente. E' una sfida cercare di creare la visione di una società basata su questo principio. Le implicazioni sono radicali e vanno lontano, perché tutto le istituzioni dell'attuale società, da quelle più oppressive a quelle più benevole, sono basate sull'autorità che alcuni individui detengono e che consente loro di controllare gli altri.


* * *Abbiamo ragione di sperare. Le forze della distruzione sembrano grandi, ma contro di queste abbiamo il nostro potere di scegliere, la nostra volontà umana e l'immaginazione, il coraggio, le nostre passioni, la nostra volontà di agire e amare. Non siamo, davvero, stranieri in questo mondo. Siamo parte del cerchio. Quanto piantiamo, quando tessiamo, quando scriviamo, quando facciamo un figlio, quando organizziamo, quando guariamo, quando corriamo nel parco mentre le sequoie traspirano un velo di nebbia, quando facciamo quello che abbiamo paura di fare, noi non siamo separati. Noi siamo del mondo e l'uno dell'altra e il potere dentro di noi è grande, se non invincibile. Anche se siamo feriti, possiamo guarire; anche se ognuno di noi può essere distrutto, dentro tutti noi c'è il potere del rinnovamento. E c'è ancora tempo di scegliere questo potere.

(Estratto dall'Introduzione a "Dreaming the Dark: Magic, Sex and
Politics". Tradotto da Anonima Network Bologna, Giugno 2008)