lunedì 22 dicembre 2008

Arbeit macht frei


L'impiegato della postazione n. 48 si siede alla sua scrivania tutte le mattine alle 9 in punto. Si stropiccia gli occhi e si toglie la giacca, poi si accoccola sulla sua sedia con soddisfazione mista a rassegnazione. Sotto la sua finestra sfilano i disoccupati. Scioperi non se ne fanno più: ma i disoccupati sfilano per le strade 2 volte al giorno, alle 9 del mattino e alle 18 la sera. L'impiegato della postazione n. 48 si sporge per guardare il procedere della massa che strascica i piedi sulla strada e va avanti, senza mai fermarsi, se non alla fine del percorso stabilito.

Tutti pensavano che fosse un'iniziativa estemporanea, non poteva durare, si sarebbero stancati, prima o poi. Sfilare, perchè? Non si ottiene nulla, tanto. Questo era il mantra che circolava di bocca in bocca. Ma sono mesi che sfilano, ormai. All'inizio scandivano slogan, urlavano, era impossibile non accorgersi di loro, quando ti passavano sotto la finestra. Impossibile non staccare gli occhi dal computer e farsi percorrere da un brivido, un sudore freddo che rimbalzava negli occhi di tutti i colleghi, ci si guardava in faccia senza dire nulla e ognuno dentro di sè pensava: "anch'io avrei potuto essere tra loro... e forse presto lo sarò".


La ditta non navigava in buone acque. Nessuna ditta, d'altronde.
E quelli continuavano a sfilare, silenziosi e compatti. Loro che erano rimasti, loro che avevano ancora un posto di lavoro, i fortunati, per così dire, non si sentivano poi tali. Le cose cambiavano di giorno in giorno. I prezzi aumentavano, le condizioni economiche rimanevano drammaticamente stabili, quando non peggioravano. Erano in bilico. La loro posizione era dannatamente scomoda. Dovevano lottare con le unghie e coi denti per rimanere lì dov'erano, bloccati in un lavoro che in fondo non gli era mai piaciuto. L'atmosfera era pesante, stavano tutti a guardarsi le spalle di continuo. Avevano smesso certi scherzi, certe abitudini, certe battute, non era il caso. Anche certe prese in giro, certe alzate di testa avevano fatto il loro tempo. Meglio non rischiare.

L'impiegato della postazione n.48 si sorprendeva incredibilmente a pensare che forse, a volte, è meglio sfilare per le strade e non avere nulla da perdere piuttosto che ingoiare e andare avanti a tirare la carretta per un "privilegio" che fa sentire così a disagio. E non aveva nemmeno più il diritto di lamentarsi. Si ritrovò a pensare che quando a qualcuno, in questa nostra società, togli pure il diritto di lamentarsi, allora sai per certo che sono cazzi acidissimi.


L'impiegato della postazione n. 48 pensava questo, ma poi tremava alla sola idea di poter davvero finire con gli altri a sfilare sotto quella finestra. C'erano delle battute idiote che circolavano tra i colleghi, come per per esorcizzare quelle paure, in genere durante la pausa caffè, cose tipo "magari un giorno ci prendono alle spalle e ci scaraventano dalla finestra, giù in mezzo a quelli che passano di sotto, così non devono sprecare neanche la carta della lettera di licenziamento!" Risate. E un brivido freddo che passa da uno sguardo all'altro per poi affondare rapidamente in un bicchierino di caffè bollente.

Al telegiornale non si dice più niente sulle sfilate dei disoccupati, il cui nome mass mediatico è un altro ovviamente, "sfaccendati". Si parla di "gruppi di sfaccendati", ma è chiaro che non sono gruppi, è una massa che aumenta di giorno in giorno.
Un giorno, l'impiegato della postazione n. 48 guarderà fuori dalla finestra e vedrà la città andare in fiamme. Un giorno.

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